Pubblichiamo la bellissima lettera che Papa Francesco ha scritto al quotidiano IL MATTINO di Padova

Gentile Direttore PAOLO POSSAMAI, anzitutto mi perdoni l’informalità del gesto.

 
Attraverso il suo giornale, con tutto il mondo dei lettori, vorrei raggiungere la società civile della città di Padova e tutte le comunità cristiane con i loro sacerdoti e il Vescovo. Sono a conoscenza che questo è l’anno di “Padova Capitale Europea del Volontariato 2020”.

Scrivo a voi, dunque, per scrivere simbolicamente a tutti. La sofferenza e la morte che, come in altre parti d’Italia, state vivendo a causa del virus è per me motivo di preghiera e vicinanza umana. E’ anche la ragione della speranza cristiana: anche in questi momenti Dio ci sta parlando. Spetta all’uomo saper cogliere, dentro a questa voce, una guida per continuare a costruire, quaggiù, un pezzettino del Regno di Dio.

Questa situazione di pericolo, però, è anche un’occasione per vedere di che cosa sono capaci gli uomini e le donne di buona volontà. Penso a chi, in questi giorni, si sta impegnando oltre il dovuto: il personale medico e paramedico innanzitutto. La buona volontà, sempre unita ad un forte senso di responsabilità e di collaborazione con le apposite autorità competenti, diventa un valore aggiunto di cui il mondo ha estremo bisogno.

Volontà è un termine che richiama il volontariato: un tema che per tutto quest’anno si abbina a Padova. Per la vostra città è un’occasione meravigliosa di raccontare al mondo il vostro DNA fatto di uso generoso del tempo e di condivisione dei talenti. Conosco il buon cuore della gente veneta: siate orgogliosi della vostra storia e responsabili di tutto il bene seminato da chi vi ha preceduto. Se immagino la carità come fosse un romanzo, allora ci sono dei capitoli bellissimi che sono stati scritti a Padova e poi messi a disposizione di tutti.

“Ricucire insieme l’Italia” è il motto che avete scelto come filo conduttore di tutto quest’anno. Ricucire è un verbo che richiama la cucitura e il rammendo, operazioni che si mostrano necessarie maggiormente dopo uno strappo, una ferita.

Oggi siamo sottoposti alla tentazione di gettare invece che riparare, di sfasciare piuttosto che ricucire: è la sorte che riserviamo non solo agli oggetti, ma anche alle persone, soprattutto a quelle più indifese. Le storie personali degli uomini e delle donne, però, sono il patrimonio più importante che abbiamo: a nessuna di loro dovrebbe essere rifiutato uno sguardo amorevole di attenzione e un gesto di bontà. Gesti che raccontino quanto l’altro, a prescindere dalla situazione di vita in cui si trova, è importante e amato.

In questo momento – di gioia per il riconoscimento europeo e di fatica a causa di questa situazione di pericolo -, desidero anch’io unirmi a voi condividendo una bella pagina di carità. Ogni anno, nella sera del Venerdì Santo, celebro la Via Crucis al Colosseo: in quell’occasione, tanto cara al popolo cristiano, accompagniamo Cristo lungo la via della Croce. E’ un cammino che ogni anno individua una tematica perché Dio è il Dio che parla dentro ad una storia, attraverso dei volti, usando le nostre biografie.

Quest’anno ho voluto che fosse la parrocchia della vostra Casa di Reclusione, il Due Palazzi, a proporre al mondo le quattordici stazioni. Ho scelto il carcere, colto nella sua interezza, per fare in modo che, anche stavolta, fossero gli ultimi a dettarci il passo. Assieme a don Marco Pozza, che lei ben conosce, abbiamo pensato le meditazioni come un’opera corale, unendo i vari volti che compongono il mondo delle carceri: la vittima, la persona detenuta, l’agente di Polizia Penitenziaria, il volontario, la famiglia di chi è detenuto, il magistrato di sorveglianza, il funzionario pedagogico, la Chiesa, la persona innocente, a volte, ingiustamente accusata.

Il carcere è un caleidoscopio di situazioni ed è sempre forte il rischio di raccontarne un particolare a scapito dell’insieme. La risurrezione di un uomo non è mai opera di un singolo, ma di una comunità che lavora alleandosi assieme.

Quando ho letto le meditazioni scritte mi sono commosso: mi sono sentito molto partecipe di questa storia, mi sono sentito fratello di chi ha sbagliato e di chi accetta di mettersi accanto a loro per riprendere la risalita della scarpata. Sono consapevole che non è semplice armonizzare giustizia e misericordia: laddove questo riesce, però, il guadagno è a favore di tutta la società. Ringrazio la parrocchia del carcere e, insieme a loro, ringrazio tutte le persone che operano a favore di questo mondo ristretto: Dio benedica il buon cuore di chi sfida l’indifferenza con la tenerezza.

Ho scelto di dare l’annuncio dalle pagine del suo giornale perché mi piacerebbe che questa mia scelta fosse una carezza alla sofferenza di questi giorni. Una carezza simbolica che, da “Padova Capitale Europea del Volontariato 2020”, possa estendersi a tutte le altre città che condividono questo momento e, contemporaneamente, stanno dando al mondo testimonianza di buona volontà. La storia grande è fatta di tante storie piccole, locali, particolari che hanno una bellezza tutta loro.

A lei, a tutta la redazione del suo giornale e ai suoi lettori giungano i miei auguri e la mia vicinanza. Unitamente alla mia benedizione che estendo, in maniera tutta particolare, alle persone che stanno piangendo un loro caro e alle persone anziane, ammalate e detenute che, a causa dell’emergenza, si trovano impossibilitate anche a ricevere una semplice visita di conforto.

Francesco