Domenica 6 novembre 2016 la 15° edizione della marcia sarda per la pace da Laconi a Gesturi.
Tema di questa edizione, che verrà approfondito durante l’assemblea dibattito prevista a Laconi prima della partenza, è “Per un Mediterraneo e un Mondo di dialogo e pace, per liberare la Sarde-gna dalle servitù militari”.

Il programma prevede il raduno dei partecipanti alle 9.30 nel cineteatro di Laconi e il saluto delle autorità.

A partire dalle 10.10 il dibattito e a seguire, alle 13, il pranzo al sacco nel parco Aymerich di Laconi.

Alle 16 la partenza della marcia da Nuragus.

Alle 17 l’arrivo a Gesturi, dove il sindaco saluterà i presenti e seguiranno alcuni  interventi.

La giornata concluderò alle 17. 30 con il concerto finale.

“L’impegno per costruire le condizioni di una esistenza comune, universale, da tempo di pace è un impegno costante, permanente, non può essere considerato solo come un impegno che scatta quando leggiamo sui giornali o ascoltiamo le notizie di un nuovo pericolo di guerre”, si legge in una nota del coordinamento della Tavola Sarda della Pace.

“Siamo preoccupati per il destino dei tanti civili inermi che costituiscono le vere vittime dei conflitti, il dramma di Aleppo o di Mosul è anche la constatazione che ancora oggi l’opinione pubblica internazionale è in grado di tollerare massacri e bombardamenti di massa in alcuni luoghi e non in altri. I principali casi di conflitti non risolti o di processi di destabilizzazione confermano le corresponsabilità della comunità internazionale che, violando il diritto internazionale e disattendendo la diplomazia, non restituisce alla politica e alla cooperazione tra comunità il ruolo di strumento alternativo alla violenza e all’uso delle armi”.

“La Sardegna”, si legge ancora nella nota, “conosce da troppo tempo l’odore della guerra: le ininterrotte esercitazioni nelle basi e poligoni militari dell’Isola continuano a seminare veleni nel terreno e nel mare, sottraendo all’economia civile intere aree di territorio; l’aspirazione a un lavoro dignitoso e rispettoso dell’uomo e dell’ambiente viene barattata con l’apertura di fabbriche di morte, contrapponendo la povertà occupazionale sarda con la tragedia della guerra nello Yemen”.

“Basta! Continuiamo incessantemente a chiedere la chiusura delle basi e dei poligoni in Sardegna, la ripresa di un progetto di sviluppo per il territorio che non mortifichi la dignità dei lavoratori e sia rispettoso dell’ambiente,la bonifica dei territori devastati dai giochi di guerra”.

“Non vogliamo fare le anime belle della società, vogliamo dimostrare – con documenti e proposte – che la guerra non solo non è efficace nel risolvere le controversie ma non è neanche conveniente, costituendo un grave danno umano ed economico. Le ingenti risorse destinate agli armamenti potrebbero essere impiegate altrimenti nella messa in sicurezza del nostro territorio, nella difesa del welfare e della spesa pubblica a favore dei più deboli, nella rivitalizzazione di un’economia civile che porta vero sviluppo, quello di civiltà”.