Il IX censimento generale dell’industria e dei servizi realizzato dall’Istat censisce 301.191 organismi non profit in Italia. Cresciuti del 28% rispetto al 2001 e che movimentano 4,7 milioni di volontari, 681mila dipendenti, 271mila lavoratori esterni e 5mila lavoratori temporanei.

A oltre 12 anni dal primo censimento sul non profit e a poco più di quattro mesi dalla chiusura delle operazioni di rilevamento sul territorio (la raccolta dati è avvenuta tra il 10 settembre e il 20 dicembre 2012), sono stati presentati a luglio a Roma i primi risultati del nono "Censimento delle istituzioni non profit" realizzato dall’Istat. Censimento che «vuole fotografare tutte le sfaccettature di questo settore tanto importante per la tenuta economica e lo sviluppo sociale del Paese».
L’anticipazione dei risultati è già uno strumento utile per ragionare in modo scientifico sul valore di questo settore, che – ed è molto interessante la sottolineatura che fa l’Istat – non è solo un riflesso operativo della "bontà" degli italiani, come troppo spesso si tende a credere, ma rappresenta uno snodo nevralgico per la stessa economia del sistema-Paese.

Come emerge dai dati, infatti, «il settore non profit rappresenta il 6,4 per cento delle unità economiche attive, con il 3,4 per cento degli addetti (dipendenti) in esse impiegati. In base all’analisi per attività economica il non profit costituisce la principale realtà produttiva del Paese nei settori dell’Assistenza sociale (con 361 istituzioni non profit ogni 100 imprese) e delle Attività culturali, sportive, di intrattenimento e divertimento (con 239 istituzioni non profit ogni 100 imprese).

Inoltre il peso della componente non profit nell’Assistenza sociale risulta rilevante anche in termini di occupazione: 418 addetti non profit ogni 100 addetti nelle imprese». Numeri che si traducono in impegno, ma anche in impiego: le istituzioni non profit contano infatti sul contributo lavorativo di 4,7 milioni di volontari, 681mila dipendenti, 271mila lavoratori esterni e 5mila lavoratori temporanei. Sono quattro istituzioni su cinque a usufruire del lavoro volontario, mentre il 13,9 per cento delle istituzioni rilevate opera con personale dipendente e l’11,9 per cento si avvale di lavoratori esterni (lavoratori con contratto di collaborazione).

Rispetto al 2001, raddoppia il numero di istituzioni con lavoratori esterni (35.977 istituzioni non profit nel 2011 contro 17.394 nel 2001) con un incremento del numero di collaboratori del 169,4 per cento. Cresce in modo consistente il numero delle istituzioni che utilizzano lavoratori temporanei (1.796 istituzioni non profit nel 2011 contro 781 di dieci anni prima) con un incremento del 48,1 per cento. Più contenuto, ma comunque positivo, è l’incremento delle istituzioni con addetti (+9,5 per cento) con una crescita del personale dipendente pari al 39,4 per cento rispetto al 2001. Infine le istituzioni che si avvalgono di volontari crescono del 10,6 per cento rispetto al 2001, registrando un aumento del 43,5 per cento del numero dei volontari.

Ancora difforme la distribuzione territoriale delle realtà non profit. Almeno la metà trova collocazione nel Nord del Paese (per un totale di 157.197 unità) con una quasi equa distribuzione della restante parte tra Centro (64.677 unità pari al 21,5 per cento) e Sud (79.317 unità pari al 26,3 per cento).
La Lombardia e il Veneto si confermano le regioni con la presenza più consistente di istituzioni, con quote rispettivamente pari al 15,3 per cento e al 9,6 per cento, seguono Piemonte (8,6 per cento), Emilia-Romagna (8,3 per cento), Toscana e Lazio (7,9 per cento).
Interessante il dato sulla "distribuzione" dei volontari, che presentano valori superiori alla media nazionale (pari a 801 volontari per 10mila abitanti) nelle Province autonome di Bolzano (3.008) e Trento (1.967), in Valle d’Aosta (1.475), Friuli-Venezia Giulia (1.328), Umbria (1.210), Toscana (1.178), Marche (1.037) e Liguria (1.000). In termini assoluti, Lombardia, Veneto, Toscana, Emilia Romagna e Piemonte raccolgono il numero più elevato di volontari (superiore alle 400mila unità di personale volontario).

Nonostante l’eterogeneità organizzativa, a caratterizzare fortemente il settore è la forma giuridica dell’associazione, che conta l’89 per cento del totale delle istituzioni non profit attive al 31 dicembre 2011.

In particolare, si tratta di 201mila associazioni non riconosciute (ossia prive di personalità giuridica e costituite tramite scrittura privata, pari al 66,7 per cento del totale) e di 68mila associazioni riconosciute, ossia nate con atto pubblico riconosciuto dalla Stato e dotate di autonomia patrimoniale (22,7 per cento del totale).

Seguono 11mila cooperative sociali (3,7 per cento), 6 mila fondazioni (2,1 per cento), e 14mila restanti organismi non profit con altra forma giuridica (4,8 per cento), rappresentate principalmente da enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, comitati, società di mutuo soccorso, istituzioni sanitarie o educative.
A mostrare una consistente crescita rispetto al 2001 sono le fondazioni e le cooperative sociali rispettivamente del 102,1 per cento e del 98,5 per cento) a fronte dell’incremento più contenuto delle associazioni riconosciute (9,8 per cento).